Articolo di :

New Air

NEW AIR Bergamo molamia

NEW AIR Bergamo molamia

1024 683 New Air

Dedichiamo il poster a voi medici, infermieri, volontari e a tutti gli ospedali della bergamasca.

Nei giorni del lockdown ero spesso solo in azienda. Il nostro codice ci consentiva di lavorare perché inseriti nella filiera dei lavori necessari. Alcune persone dell’azienda avevano preferito giustamente stare a casa, quasi tutti abitano nei paesi più devastati dal virus. La paura in tutti noi era cattiva e infingarda compagna di quei maledetti giorni.
Ero solo come già detto e il silenzio dei nostri spazi lavorativi incuteva timore esso stesso. Ma quello che più ricordo è il suono delle ambulanze. Non era un suono, era un urlo che dalla superstrada, a poche centinaia di metri da noi, attraversava i filari di piante confinanti ed entrava nel vuoto umano dei nostri uffici e del capannone. Un urlo che suonava come una campana a morto (i nostri campanili erano muti). In questa situazione che scandiva giorni neri mi chiedevo dubbioso: “Ma ne usciremo? Ci sta decimando, è insaziabile, siamo troppo deboli.”
Tornando a casa dalla mia famiglia ripetevo come un rosario la frase ormai famosa: Berghem mola mia!
Leggendola su ogni muro, su ogni balcone.
Perdevo la speranza, i giorni erano uguali e non capivo come reagire per trovare un segno di speranza e di futuro per tutti. Il popolo bergamasco ha nel DNA una forte capacità di resilienza e resistenza alle difficoltà, questo dono ci fa sembrare un popolo introverso e chiuso, in realtà il mondo in quei giorni ci ha visto come un esempio di forza, coraggio e unione.
I nostri medici, infermieri, volontari, travolti da un’onda anomala di malati, sono loro che più di tutti hanno fatto propria quella frase: non mollare. Non potevano mollare e soprattutto non volevano indietreggiare contro quel virus poco conosciuto e mutante. Ogni paziente diventava una storia da capire, curare e salvare.

Un nonno della valle Seriana

E qui si inserisce la storia di tante persone anziane del nostro territorio: quella di un nonno e una nonna isolati in casa come tutti. La situazione di salute del nonno non è delle migliori e dai responsi di alcuni esami fatti precedentemente molti valori risultano fuori range.
Il medico di famiglia fa capire che portarlo in ospedale è troppo rischioso ed i tamponi per la verifica del Covid non sono disponibili per ora. Quindi si aspetta, cercando di monitorare la situazione. La pandemia nel frattempo nelle nostre zone decima senza tregua la loro generazione.
Il nonno però inizia a stare male e si decide di chiamare i soccorsi. Ma sembra impossibile farlo: linee sempre occupate e zero risposte. Ogni volta che la linea cadeva era come se un’ombra soffocante avesse avvolto sempre più la figura esile del nonno. Tutto il giorno al telefono con il nulla.

Poi finalmente una voce al di là del filo risponde e ASCOLTA, ascolta davvero con una serenità e una pazienza incredibili. Immaginare, in quella giornata interminabile, quanti hanno chiesto aiuto a questa voce fa pensare. Aiuto viene chiesto anche per il nonno e la Croce Rossa arriva dopo circa mezzora.
Un team (due uomini e una donna) che dà un supporto sia medico che psicologico incredibile: per due ore stanno lì con il nonno. Con una dedizione, una passione, una capacità di capire il paziente/persona che ancora oggi a pensarci, mentre lo si racconta, vengono i brividi e le lacrime agli occhi. In quelle due ore di assistenza professionale e di sensibilità avviene il “reset”. Come uno switch umano negli occhi del nonno si vede ritornare la serenità, la voglia di reagire di non mollare. Non viene portato in ospedale perché i posti sono introvabili ed un caso come il suo, per età e per patologie connesse, probabilmente avrebbe avuto la triste sequenza dei casi presunti Covid inseriti in corsie stracolme di infetti e … forse non sarebbe più tornato a casa. Per fortuna dopo l’intervento professionale e umano del team della Croce Rossa, nel nonno la voglia di tornare a stare bene ha prevalso su tutto.

Le donne e gli uomini dei soccorsi che sono arrivati da questo, come da altri nonni delle nostre valli, e si sono dedicati ad ognuno senza mai guardare l’orologio, come hanno fatto? Come hanno potuto vivere ogni giorno questa situazione e resistere?
I titoli dei giornali di quei giorni li hanno definiti super-eroi.
Noi li abbiamo visti, li abbiamo ascoltati, abbiamo parlato con loro … sono uomini e donne come noi per questo sono ancora più grandi dei super-eroi.

GRAZIE! e sicuramente non basta.